Leggendo molti gialli lo stretto rapporto che c’è fra chi indaga e gli alcolici mi è noto. Molti investigatori, nella migliore tradizione hard boiled statunitense, sono bevitori, perché l’investigatore impersona l’uomo duro, tutto d’un pezzo, beve perché ogni vero uomo lo fa, poi anche per raccogliere le idee, per premiarsi e consolarsi. Nel complesso e variegato mondo delle indagini ci sono però, fior fiore di investigatori e investigatrici che non bevono alcolici ma hanno un altrettanto stretto rapporto con una bevanda. Nel primo gruppo, quello alcolico troviamo i personaggi come: Philip Marlowe di Raymond Chandler, Sam Spade di Dashiell Hammet, Sherlock Holmes di Arthur Conan Doyle. Nel secondo l’investigatrice per eccellenza è Miss Marple di Agatha Christie e non ci si può dimenticare di Nero Wolf, nato dalla penna di Rex Sout e divenuto famoso soprattutto per la trasposizione televisiva dei libri. Per mantenerci fra i confini nazionali ci sono personaggi seriali come L’Alligatore di Massimo Carlotto che beve Calvados per dimenticare un grande amore, il Commissario Ricciardi, di Maurizio de Giovanni, bevitore di caffè e assiduo frequentatore del Caffè Gambrinus a Napoli, Libera la fioraia detective di Rosa Teruzzi che beve tisane e té per raccogliere le idee durante le sue indagini. Alcuni degli investigatori hanno una vera e propria dipendenza dall’alcol che cercano di tenere a bada ma spesso l’abuso li porta a mettersi in pericolo o a non riuscire nelle indagini. Negli ultimi anni, c’è stata una crescente consapevolezza e sensibilità riguardo alle rappresentazioni del consumo di alcol e ad altri comportamenti inappropriati nei media, inclusi libri, film e trasmissioni televisive. Molte produzioni oggi tendono a evitare o attenuare gli stereotipi legati al consumo eccessivo di alcol o a comportamenti autodistruttivi. Questo cambiamento è in parte dovuto alla crescente attenzione nei confronti della responsabilità sociale e della rappresentazione accurata di temi sensibili. Le produzioni sono più consapevoli del loro pubblico e cercano di evitare stereotipi dannosi o messaggi che potrebbero essere percepiti come negativi, specialmente quando si tratta di spettacoli destinati a un pubblico più ampio o familiare. In alcuni contesti narrativi, il tema del consumo di alcol può ancora emergere, ma spesso in modo più equilibrato e riflessivo, mostrando le conseguenze o fornendo un contesto più ampio per il comportamento dei personaggi. L’alcol è noto per avere un effetto rilassante sul sistema nervoso centrale. In piccole quantità, può agire come sedativo leggero, riducendo l’ansia e inducendo una sensazione di rilassamento. Può anche avere un effetto stimolante perché aumenta la produzione di dopamina, questa porta a una sensazione temporanea di euforia e a favorire la socializzazione. Di pari passo invece, sembra che il ruolo delle bevande non alcoliche da una parte renda l’investigatore più simpatico e reale, dall’altra accontenti anche le produzioni, che in questo modo non vengono accusate di favorire comportamenti non adatti. Bere un té o una tisana per favorire i ragionamenti, oppure bere un caffè per fare una pausa o darsi una sferzata di energia rende i personaggi fittizi simili ai lettori/spettatori e li rende umani. Del resto entrambe le bevande contengono caffeina, una sostanza psicoattiva che agisce come stimolante del sistema nervoso centrale e quindi migliora la vigilanza, la concentrazione e riduce la stanchezza. Rappresentare investigatori e investigatrici mentre bevono bevande non alcoliche può riflettere in modo più accurato il comportamento di molti professionisti. Si evitano stereotipi nocivi rendendo il prodotto fruibile ad un’ ampia platea di lettori/spettatori. La rappresentazione di un investigatore come alcolista può aggiungere complessità al personaggio e fornire un terreno fertile per esplorare sfaccettature più oscure della sua personalità. Tuttavia, ciò può portare a stereotipi e rappresentazioni negative, che potrebbero non essere adatte a un vasto pubblico, specialmente se non vengono trattati con sensibilità ed equilibrio. D’altro canto, se un investigatore beve solo bevande non alcoliche, potrebbe evitare gli stereotipi associati all’alcolismo, ma potrebbe anche rischiare di sembrare meno realistico, tuttavia, la credibilità del personaggio dipende da come viene sviluppato nel contesto della storia. La chiave sta nel trovare un equilibrio tra la complessità del personaggio e una rappresentazione rispettosa e accurata. In definitiva, la coerenza con il tono generale della storia e la consapevolezza della rappresentazione del personaggio sono fondamentali per creare personaggi credibili e apprezzabili senza cadere in stereotipi dannosi.