Attualmente, il mondo è in costante cambiamento: il movimento transitorio tra uno stato all’altro è così veloce da non permetterci di far caso alle diverse trasformazioni, lasciandoci ad un passo dalla confusione.
In un momento catartico dove tutti sembrano correre nel tentativo disperato di afferrare qualcosa, un ritorno alle radici si rivela sempre più necessario.
A Milano, un piccolo spazio indipendente cerca di fare la differenza, nel tentativo di riportare in voga un contatto diretto, genuino, ma soprattutto “lento e pensato”.
Uno snodo situato in periferia, nel quartiere Lambrate nella zona orientale di Milano: negli anni 20 era già presente all’interno del tessuto urbano un punto rivendita di articoli, il classico chiosco circolare, simbolo di una pratica insidiata nel comportamento cittadino.
A causa della tendenza delle grandi città di voler ampliare anche le zone periferiche, nel 2021 il chiosco – precedente all’Aedicola – cessa ufficialmente la sua attività, seguendo quella sorte comune a molte delle edicole di oggi che vengono considerate non più come punti di incontro dove è possibile chiacchierare e confrontarsi, ma come semplici luoghi dove acquistare il quotidiano del giorno o le parole crociate.
Questo bisogno da parte delle province più importanti di voler ingurgitare le piccole realtà per poterle inglobare in un sistema più ampio ed omologato è un atteggiamento con cui abbiamo imparato a convivere: i quartieri sono spersonalizzati, ridotti a semplici “dormitori” – come accenna Alessandro, il frontman dell’Aedicola – se confrontati con l’individualità del passato che diversificava le zone tra di loro.
Sarebbe quindi questa la strada da perseguire? È giusto rinunciare agli spazi in cui si può creare un gruppo all’interno della comunità stessa?
Gruppi che non tendono all’esclusione quanto al riconoscimento dell’uno con l’altro, permettendo a chiunque abbia una particolare passione di poter entrare in relazione con persone altrettanto interessati.
L’Aedicola di Lambrate parte da queste considerazioni per restituire un’identità al quartiere come dimensione popolare, ma soprattutto per soddisfare la necessità dei cittadini di riappropriarsi della controparte culturale assente da troppo tempo.
Realtà da marciapiede, offre prodotti che variano dai semplici giornali e riviste alla letteratura classica, proponendosi anche come luogo di raccolta per eventi ed incontri di stampo culturale, incontri dove è possibile utilizzare la sede come vetrina per i propri lavori artistici.
Il chioschetto è soprattutto occasione di chiacchiera: ogni persona che passa lascia qualcosa di sé, un pezzo attraverso il quale si costruiscono legami personali che funzionano da innesto per quella compattezza tipica di un quartiere.
Non a caso, l’utilizzo della æ latina è dovuto ad un riferimento ai tempi di discrete dimensioni sparsi per le province dell’impero, luoghi dove le persone si fermavano per meditare o per rivolgere una preghiera, spazi in cui era possibile fare un’offerta alle icone votive: punti di incontro per tutti gli abitanti delle diverse aree del territorio, si possono identificare come precursori delle edicole moderne.
A seguito della lunga assenza di un’edicola sul territorio, Aedicola è il frutto dell’impegno di un gruppo di persone interessate a riscattare il quartiere di Lambrate – Martina Pomponio, Paolo Iabichino, Alioscia Bisceglia, Michele Lupi, Alessandro Ottenga e Valentina Canu – con Alessandro Ghidini come ultimo arrivato nella squadra, ad oggi volto del progetto.
L’idea era quella di fornire una nuova veste al baracchino, intenzione condivisa da gran parte dei cittadini dato l’affetto dimostrato e la moltitudine di persone che hanno contribuito a sistemarla, dipingerla, a partecipare agli eventi e preferire questa edicola ad altri punti vendita, tutte testimonianze di un desiderio di tornare a vivere l’esperienza di quartiere.
Alessandro ha scelto di gestire l’edicola assecondando una volontà personale.
Formatosi nel campo dell’editoria e della cultura, ha studiato lettere e si è specializzato in giornalismo, lavorando in redazioni e librerie.
Nel raccontarsi, ha confessato di aver avuto sempre una forte connessione con le persone, e lo dimostra il suo impegno nell’associazionismo, motivo per il quale sono evidenti le ragioni della sua scelta: Alessandro ha visto l’edicola come una sfida, non solo per il quartiere ma anche per sé stesso, un salto nell’incertezza dall’atterraggio morbido.
“Questo progetto va oltre il semplice lavoro, è un’esperienza che sposa i principi in cui credo” – e per Alessandro questi principi consistono nella valorizzazione della persona in quanto tale e non in quanto rappresentante di una professione: produttività, utilità e profitto sembrano essere le uniche caratteristiche richieste negli impieghi di oggi, sicuramente legate al ritmo con cui la società progredisce, ma che spesso a restare indietro sono ancora in troppi.
Fare da domator per l’edicola di Lambrate gli ha permesso di sperimentare un approccio al lavoro totalmente diverso se confrontato con la politica degli stage odierni, un’ottica umana dove la sua presenza assume importanza poiché sé stesso e non figurante per terzi.
Sentirsi svalutati, sbagliati, adeguarsi a circostanze che stanno strette, sono tra le cause maggiori del disagio provato da molti in contesti lavorativi, uno dei “grandi mali del nostro presente” – citando ancora Alessandro – “è che si parla molto di diritti ma poco di possibilità e opportunità”, a chi lavora dovrebbe essere riconosciuta l’opportunità di essere valorizzato prima come persona e solo dopo come lavoratore, e sono i progetti come quelli dell’edicola ad offrire questa occasione.
Che siano anziani, adulti precipitosi o bambini incuriositi, l’esperienza dell’edicola era e rimarrà sempre un punto fondamentale nella vita delle persone, per uno scambio di chiacchiere, opinioni, a volte l’acquisto è solo una scusa per sentirsi parte di un tutt’uno.